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  • 12.10.2011

Chiavazza (Avalon): “Siamo percepiti come un mercato distressed”

Tra il 2008 e il 2010 i più importanti centri immobiliari al mondo come New York e Londra hanno visto i propri valori diminuire drasticamente.

Oggi quegli stessi mercati sono tornati su livelli prossimi o addirittura superiori a quelli pre-crisi.

Federico Chiavazza, partner Avalon Real Estate (società specializzata nella consulenza in tema di valutazioni di grandi patrimoni, investimenti, progettazione e sviluppo) e docente alla Sda Bocconi, vede grigio nel mercato immobiliare italiano, ma non perde la speranza.

“In Italia abbiamo resistito per tre anni “congelando” il mercato immobiliare e sperando in una ripresa che non è avvenuta.

Per quanto difficile, credo che il mercato potrà ripartire solo attraverso il riconoscimento da parte di tutti che non è più possibile lavorare fingendo che nulla sia cambiato dal 2006”, aggiunge

D: Quali sono i fattori che impediscono la svolta?

R: A mio avviso occorre distinguere fra mercato residenziale retail e mercato degli investitori istituzionali.

Nel primo caso assistiamo, ormai da due-tre anni, a un continuo prolungamento dei tempi di vendita.

In un mercato “normale” questo segnale prelude ad un più o meno rapido abbassamento dei prezzi.

In Italia il calo dei prezzi si è verificato solo in minima parte.

Le ragioni sono da ricercare nella tuttora forte patrimonializzazione delle famiglie e nel significato che l’abitazione riveste per tutti noi.

In altre parole, la famiglia media italiana non è disposta (e può ancora permettersi) a vendere un bene immobiliare a forte sconto rispetto alle proprie aspettative a meno di non trovarsi in una situazione di reale emergenza.

La vendita del mattone è vista come “l’ultima spiaggia” e, nella maggior parte dei casi, questo livello di emergenza non è ancora stato toccato.

D: E sul fronte istituzionale?

R: Dal 2008 le banche svolgono  un ruolo di straordinaria importanza nel processo di “sclerotizzazione” del mercato.

La crisi finanziaria del 2008 ha investito solo marginalmente i nostri istituti di credito che hanno così proseguito a sostenere imprese immobiliari tecnicamente fallite per il timore di dovere spostare sui propri bilanci centinaia di milioni di euro di immobili che ovviamente non desiderano acquisire forzatamente e che soprattutto non saprebbero gestire.

D’altro lato, nei pochi e noti casi di fallimenti di operatori le banche si sono viste costrette a “digerire” immobili a valori di mercato finanziati a valori pre-crisi e quindi oggi spesso insostenibili.

Ebbene, nessun comitato di banca ha una gran voglia di deliberare cessioni di immobili con sconti nell’ordine del 30-40% sul valore di libro.

L’effetto è quello che sul mercato americano chiamano “extend and pretend”: dilata la durata dei finanziamenti, oppure rifiuta le offerte a forte sconto che giungono dal mercato e fingi di credere che quegli asset valgano ancora quanto espresso nel tuo stato patrimoniale.

D: come è messa l'Italia rispetto al contesto internazionale?

R: Credo che, nonostante tutto, i fondamentali italiani siano migliori di molti nostri vicini di casa oggi più considerati e meno bistrattati.

In fondo continuiamo ad essere la seconda economia manifatturiera europea e siamo caratterizzati da eccellenze e talenti straordinari.

Continuiamo ad essere una delle prime cinque nazioni più visitate al mondo ed uno dei luoghi dove gli stranieri comprerebbero una casa più volentieri.

Per quale motivo, se la ruota dovesse finalmente ricominciare a girare dalla parte giusta, il mercato immobiliare a sostegno dell’economia manifatturiera, del turismo e dei servizi non dovrebbe procedere di conseguenza?