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  • 28.01.2014

Mercato Immobiliare

Le spiegazioni del fenomeno sono sicuramente diverse e già discusse tra analisiti, addetti ai lavori e gente comune ed anche in alcune pagine di questo blog. Uno degli aspetti che forse è stato generalmente meno approfondito è l’applicazione delle teorie di finanza comportamentale al mondo del mattone, in particolare di quella parte definita come Mental Accounting.

Come molti lettori sanno, le basi della teoria sviluppate dall’economista statunitense Richard Thaler sono articolate in varie sezioni tra cui spiccano i famosi effetto dotazione(endowment effect) ed effetto costi sommersi (sunk costs effect).

L’effetto dotazione.

L’evidenza sperimentale ha dimostrato che spesso si crea una considerevole discrepanza nella valutazione di un bene tra coloro che lo detengono e coloro che non lo possiedono. Famoso è l’episodio delle matricole universitarie al primo giorno di lezione; una metà di esse all’ingresso in camera trovò in regalo una tazza ed un biglietto che informava che avrebbero potuto acquistarne altre uguali nel negozio dell’ateneo a 4 dollari. L’altra metà delle matricole non trovò nulla in camera. Quando le matricole furono riunite e venne loro proposto di contrattare liberamente lo scambio di tazze i “venditori” fissarono un prezzo intorno ai 5,25 dollari mentre i “compratori” erano disposti a spendere circa 2,75 dollari; una differenza quasi del doppio. Questo semplice esperimento induce alcune importanti riflessioni; al di là del naturale e comprensibile divario tra chi vende e tende a massimizzare il profitto e chi compra e tende a risparmiare, esiste sicuramente un notevole effetto psicologico che induce ad ignorare anche semplici calcoli dettati dalla logica. Nel caso in esame non si può parlare di legame affettivo per un oggetto comune appena ricevuto in dono o di rarità/unicità del bene o di qualità intrinseca per materiale o lavorazione o tecnologia; ne si può addurre come motivazione del maggior prezzo l’inflazione o un “lavoro/servizio” aggiuntivo come il trasporto o la manutenzione. I “venditori” hanno trovato comunque, a se stessi, una giustificazione del maggiore costo proposto sia rispetto a quello offerto dal listino ufficiale (il negozio) sia rispetto a quello offerto dal mercato reale (matricole compratrici).

Lo stesso identico fenomeno lo si può sperimentare con una vasta gamma di prodotti, siano essi beni di lunga durata o oggetti preziosi o semplici attrezzi di uso comune. L’aspetto fondamentale dell’effetto dotazione rimane comunque la percezione distorta del bene posseduto al punto di fissarne un valore decisamente più alto di quello che lo stesso venditore sarebbe disposto a sborsare per acquistarlo.

L’effetto costi sommersi

La natura umana porta sovente a prendere decisioni nel mantenere un proprio atteggiamento in virtù di costi già sostenuti ma irrecuperabili indipendentemente dagli ulteriori costi e benefici che se ne possono conseguire. E’ come se insistere nelle proprie scelte, spesso anche senza tener conto del mutato contesto, sia un modo per dare maggior valore agli sforzi ed alle spese sostenute. Uno degli esempi classici è dato dalla pervicacia a riparare una vecchia auto per la quale è stato già speso moltissimo in passato quando si è perfettamente in grado di comprarne una nuova e goderne i conseguenti benefici. In parole povere l’avversione alle perdite già sostenute spesso ci induce ad insistere sulla stessa strada nel tentativo di dare un senso ai costi. 

Gli esempi dei due effetti potrebbero proseguire con una vasta gamma di situazioni istruttive, divertenti o geniali, sia nel quotidiano che in eventi straordinari e per chi vuole approfondire il tema il web offre parecchie occasioni interessanti. Tornando però al nostro piccolo mondo immobiliare adesso siamo in grado di proporre qualche riflessione da mettere in relazione all’andamento di transazioni e prezzi come si accennava all’inizio.

L’elemento che emerge prepotente dai due effetti è quella sorta di sindrome da distacco con il contesto reale: in entrami i fenomeni i soggetti possessori (potenzialmente venditori) non tengono in alcun conto le mutate condizioni di scenario ed in barba alla logica applicazione di semplici principi di rapporto costi/benefici ignorano incomprensibilmente i segnali lanciati dal mercato di riferimento.

Vi sembra una interpretazione esagerata?

Vi è mai capitato di assistere ad una scena in cui il venditore di un immobile usato e datato di fronte alla neo-nata o prossima disponibilità di case in costruzione equivalenti o migliori nelle immediate vicinanze della propria ritocchi al rialzo il prezzo di vendita perchè “il lotto nuovo accresce il valore del mattone in zona”? Logica vorrebbe che di fronte alla nuova concorrenza si affrettasse ad offrire prezzi competitivi PRIMA che i potenziali acquirenti possano mettere le mani su costruzioni più moderne e invece spesso scatta il meccanismo dell’effetto dotazione e si tenta inutilmente di vendere ad un prezzo che mai e poi mai lui stesso prenderebbe in considerazione come acquirente.

Come dite? Vi viene in mente l’Expo? Mah … chissà … vedremo …

Oppure un altro classico caso si riscontra nelle ristrutturazioni importanti laddove il proprietario si è sobbarcato una pesante serie di interventi, qualche volta voluti qualche altra imprevisti, per rinnovare e migliorare l’abitazione a suon di soldi, tempo e fatica. Il combinato disposto delle spese d’acquisto, spese di reintegro ed ammodernamento (e magari anche qualche capricciosa personalizzazione) spesso portano il totale esborso ad ipotizzare dei prezzi di messa in vendita completamente avulsi dalle potenzialità sia della tipologia di immobile sia della micro-zona. Anche in questo caso l’effetto costi sommersi agisce in maniera tale da impedire al venditore di guardare al proprio bene con i freddi occhi di un compratore o anche con il competente sguardo di un valutatore professionale.

Risultato? Anni di attesa per la comparsa dei mitici estimatori innamorati che, complice la forte miopia ed un portafoglio gonfio, diventino preda di un irresistibile raptus da acquisto compulsivo.

In realtà di effetti dotazione ed effetti costi sommersi sono piene le piazze d’Italia ed anche le pagine di giornalini e siti immobiliari di vendita. Basta scorrere a caso le inserzioni per ritrovare sistematicamente le stesse accattivanti motivazioni che dovrebbero invogliare all’acquisto a prezzo maggiorato, come ad esempio l’unicità della vista sul mare (in un territorio con quasi 7.500 km di linea costiera) o la prossimità al centro (con oltre novemila comuni) o la luminosità (manco fossimo al circolo polare artico) o la sapiente distribuzione degli spazi, ecc …

Tutte ragioni che rivelano inevitabilmente lo sforzo ad indirizzare lo sguardo del compratore a quelle caratteristiche che in realtà giacciono per lo più in fondo ai meandri della mente del venditore che vede la sua casa in vendita ben stagliata come in sospensione in un panorama sfuocato senza concorrenti intorno. Se costoro provassero seriamente anche solo per un attimo ad impersonare il ruolo di chi cerca per comprare forse smetterebbero di indossare i seducenti panni dell’imbonitore e si concentrerebbero sul principale fattore di crollo del mercato immobiliare italiano: l’enorme discrepanza tra prezzi di vendita e reale potere (e volontà) d’acquisto della gente comune.

In un mercato in forte crescita aspettare una occasione di vendita più propizia è un rischio lieve che può meritare una breve e paziente attesa ma nei periodi di stasi o peggio di crisi come l’attuale non adeguare celermente i prezzi ed approfittare delle offerte sempre più diradate è un lusso che si possono permettere in sempre meno.

Come suole dire il mio caro amico Housecrash “Quando da venditore rifiuti un offerta ad un prezzo più basso del richiesto è come se in quel momento avessi ricomprato la casa a quel prezzo offerto”. 

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